Tumore di Buschke-Lowenstein

 

Il tumore di Buschke-Lowenstein, in omaggio ad Abraham Buschke e Ludwig Lowenstein che per primi lo hanno descritto nel 1925, è una rara patologia, ad etiologia virale e trasmissione sessuale, che nasce come un condiloma acuminato ma che dopo 5 anni, in media, si può trasformare in un carcinoma spinocellulare verrucoso. E’ per tale motivo che viene anche chiamato condiloma acuminato gigante o carcinoma spinocellulare verrucoso. Tre volte più frequente nelle donne, per lo più di età avanzata, il tumore di Buschke-Lowenstein è causato dall’Human Papilloma Virus [HPV] e più in dettaglio nel 90% dei casi dagli HPV 6 e 11, virus a basso rischio oncogeno, e nel rimanente 10%, dagli HPV 16, 18 e 33, virus ad alto rischio oncogeno. Può interessare sia gli eterosessuali che gli omosessuali, HIV positivi e non.

Il tumore nasce come un comune condiloma acuminato che però durante la lenta crescita, a differenza del banale condiloma, mostra una incontrollata invasività e aggressività locale, spostando, ma non infiltrando, i tessuti circostanti. Generalmente colpisce i genitali, ma può interessare l’ano e il perineo. A processo completato, il tumore si presenta come una grossa massa verrucosa, esofitica, a cavolfiore. Le sovrainfezioni batteriche sono comuni come pure i tragitti fistolosi che liberano una secrezione purulenta di odore putrido. Il paziente lamenta una sensazione dolorosa o semplicemente fastidiosa. L’esame istopatologico del tumore di Buschke-Lowenstein, in questa fase, è del tutto benigno e ricalca quello del condiloma acuminato. La lesione, più in particolare, mostra un notevole ispessimento dello strato corneo, una marcata proliferazione papillare, una membrana basale intatta ed una tendenza a spostare, anziché invadere, i tessuti circostanti. Dopo circa 5 anni dalla comparsa, il tumore di Buschke-Lowenstein può virare a carcinoma spinocellulare verrucoso, ovvero da tumore benigno, anche se devastante, a tumore maligno. Tale trasformazione deve essere sospettata specialmente in pazienti HIV-positivi e non solo in quelli positivi per un papillomavirus ad alto rischio oncogeno ma anche in quelli positivi per un genotipo non considerato pericoloso [HPV6 e HPV11].

Il trattamento di elezione di questo tumore consiste nell’asportazione chirurgica della massa vegetante che deve essere veloce, per evitare ulteriori devastazioni, ed ampia. Un attento e prolungato follow-up clinico e strumentale è estremamente importante per identificare una eventuale, e tutt’altro che rara, recidiva locale. La chemioterapia è stata utilizzata con alterna fortuna come adiuvante alla chirurgia o per il trattamento delle recidive. La radioterapia rimane controversa.

Dal mese di marzo del 2007 è in commercio in Italia un vaccino contro i genotipi di Papillomavirus umano 6, 11, 16 e 18, il cui nome commerciale è Gardasil. Si tratta di un vaccino ricombinante da somministrare per via intramuscolare, preferibilmente nella spalla o nella coscia. Il ciclo completo comprende tre dosi [0, 2 e 6 mesi].